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Rwanda: un genocidio (quasi) dimenticato



6 aprile 1994, l'aereo presidenziale del presidente ruandese Juvénal Habyarimana, al potere dal 1973 in seguito ad un colpo di stato, di ritorno da un incontro di pace col presidente del Burundi, viene abbattuto da un missile terra-aria. Appena venne data la notizia scoppiò il caos: in tutto il Rwanda ma in particolare a Kigali, la capitale, iniziarono i massacri della popolazione Tutsi, che costituiva circa il 20% dei ruandesi, e degli Hutu moderati da parte dell'Interahamwe e degli Impuzamugambi, due forze paramilitari, sostenute dall'esercito e coordinate dall'unica radio non sabotata del paese, Radio Mille Colline, ribattezzata in seguito Radio Machete dal nome della principale arma con cui gli Hutu uccidevano i Tutsi.

I massacri continuarono per circa 100 giorni provocando, secondo le stime, almeno mezzo milione di morti anche se dati più recenti ipotizzano che le vittime siano state in realtà molte di più: tra le 800 mila e il milione. Le stragi furono compiute ovunque: per strada, nelle scuole, nei pressi delle chiese e degli ospedali, nelle case etc...

Il genocidio ebbe termine il 15 luglio dello stesso anno quando una milizia tutsi, il Fronte Patriottico Ruandese, o FPR, sconfisse definitivamente le forze Hutu e prese il controllo del paese provocando la fuga degli estremisti ma anche di moltissimi Hutu che temevano di essere giustiziati.





Ma chi sono gli Hutu e i Tutsi?

Gli Hutu sono una popolazione autoctona dell'Africa centrale che vive in Rwanda da sempre mentre i Tutsi sono una popolazione originaria del Nordafrica ma che col tempo migrando si è spostata verso sud stanziandosi nello stesso luogo. Al contrario di come ci si aspetterebbe, però, in Ruanda erano i Tutsi a possedere i terreni e a far parte del governo mentre invece gli Hutu coltivavano la terra e facevano parte del clero ruandese (entrambe le popolazioni sono cattoliche). Tuttavia, fra le due etnie scambi commerciali e matrimoni misti erano molto comuni: non c'era odio tra di loro, finché, prima i tedeschi e poi in particolare i belgi, colonizzarono il Ruanda e il Burundi. Cercando di controllare meglio il territorio, i belgi entrarono in contatto con le élite locali tutsi e, tentando di farsele amiche, crearono false fonti e mal interpretarono alcuni episodi dei testi sacri, cercando di convincere i tutsi della loro superiorità razziale sugli hutu in quanto più simili ai caucasici. Nello specifico i tutsi erano parecchio più alti ed esili degli hutu che invece erano bassi e robusti.

In Ruanda c'era poi una terza etnia, che ai tempi costituiva l'1% della popolazione totale: i twa, ancora più bassi degli hutu e pigmei. I belgi instillarono quindi nei Tutsi l'idea che loro e gli Hutu appartenessero a due razze differenti e che quest'ultimi fossero inferiori arrivando negli anni '30 ad inserire sui documenti d'identità l'etnia di appartenenza.

La situazione divenne man mano sempre più insostenibile finché, nel 1959, una violenta rivolta Hutu portò in considerazione l'idea di un referendum sull'indipendenza dal Belgio che nel 1961 divenne realtà e l'anno successivo il Rwanda smise di essere una colonia. Con l'indipendenza il potere passò però nelle mani degli Hutu dal momento che costituivano la maggioranza della popolazione. Ora, secondo la una logica astrusa, erano i Tutsi a costituire una razza inferiore e pertanto furono loro stavolta a subire discriminazioni che culmineranno con il genocidio del '94.


C'è però un altro aspetto molto importante da considerare nel raccontare il genocidio ruandese: l'indifferenza del mondo occidentale. Questo disinteresse deriva dal fatto che le nazioni occidentali non avevano interessi economici in Rwanda e pertanto questa guerra non avrebbe intaccato i loro affari. Ne è la prova il fatto che le comunicazioni mandate all'ONU mesi prima dal generale Roméo Dallaire, comandante dei 2500 soldati delle nazioni Unite stanziati in Rwanda (che un mese dopo il genocidio si ridussero a soli 500 uomini), furono ignorate nonostante la loro importanza: in esse, infatti, Dallaire metteva in guardia l'ONU da una possibile guerra civile e richiedeva rinforzi.

Alla fine l'unico provvedimento preso fu quello di dare al generale il compito di trovare una mediazione fra le forze combattenti. Inoltre diversi paesi occidentali mandarono dei contingenti con l'unico scopo di salvare i propri cittadini; fra questi spiccano il Belgio e la Francia. Quest'ultima, non solo non volle fermare i massacri, ma anzi fiancheggiò le milizie Hutu in ritirata.





Il Rwanda oggi è governato da Paul Kagame: il fondatore del fronte patriottico ruandese ed ex ministro della difesa, che ricopre la carica di presidente dal 4 marzo 2000. Sotto il suo governo, la nazione, una delle più povere al mondo, ha visto tra il 2004 e il 2010 aumentare il suo PIL di circa 8 punti percentuali all'anno con l'obiettivo di rendere il paese uno stato a reddito medio e inoltre i rapporti con l'occidente stanno via via diventando sempre meno distaccati. Nell'aprile 2019 Kagame ha poi concesso la grazia a 367 donne incarcerate per aver abortito e si è fatto promotore di una legge che consentiva l'aborto in caso di stupro o quando la gravidanza potrebbe portare alla morte della gestante o del feto. Nonostante ciò, Kagame rimane una figura molto controversa; le elezioni in Rwanda sono spesso ritenute poco veritiere: basti pensare che nel 2017 vinse con il 98% dei voti e in aggiunta ha cambiato la costituzione per poter teoricamente rimanere al potere fino al 2034.

Oggi come allora, però, il mondo occidentale, che ora ha interessi economici in Rwanda, sembra ignorare quest'ultimo fatto.


di Alessandro Malusardi


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