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Sono troppə

“Faccio schifo”

“Sono troppo grass*”

“Sono troppo magr*”

“Mi prendono tutti in giro”

“Sono tutti più belli di me”

“Mi vergogno del mio corpo”

“Non trovo un motivo per amarmi”


Il concetto di amare se stessi, di accettarsi, di sentirsi belli, è spesso un’utopia. Nessuno, almeno alla nostra età, la mattina quando si guarda allo specchio, non cerca quel difetto, quel brufolo, quella forma, quella deformazione, su cui soffermarsi. Quel piccolo dettaglio che non ci permette di rientrare nel modello unico di bellezza, i cui canoni cambiano in continuazione, nel tempo e nello spazio. Oggi viviamo in una società che possiamo definire ossessionata dai canoni estetici. Viviamo in una società che decide consapevolmente di non combattere la pressione di questo vortice impossibile e inumano dei canoni estetici, ma si arrende, pretendendo disperatamente di rispecchiarli. Una società in cui il concetto di bellezza cambia, ma la cattiveria con cui vieni giudicat* per ciò che sei, per ciò che indossi, per ciò che fai, rimane sempre la stessa.

Perché, oggi, io donna non posso avere peli, non posso essere troppo grassa né troppo magra altrimenti nessun uomo mi vorrà mai, non posso indossare vestiti aderenti o verrò definita tro*a né vestiti larghi sennò mi daranno della suora e della rigida. Se non rispetti i giusti canoni imposti dalla società, che sia per genetica o per scelta, verrai giudicata, insultata, derisa.

Io sono una ragazza, e non rispetto i canoni di bellezza di questa società. Sono una ragazza e sono stata giudicata innumerevoli volte per i miei modi, per le mie azioni, per i vestiti che indossavo. Sono stata giudicata da persone probabilmente più insicure di me, che mi hanno lasciato un segno. Perché non sono magra, perché gioco a calcio, perché indosso vestiti larghi per non sentirmi a disagio, perché posso non essere delicata nei modi. A tutti questi giudizi, o insulti che siano, solo ora ho trovato il coraggio di rispondere. Perché ogni parola che ci viene detta ha un peso, è un macigno che spesso ci portiamo dietro per anni. Perché ogni volta che faremo un errore, ci risuoneranno nella testa come un continuo promemoria. Quando ci guarderemo allo specchio noteremo ciò che ci è stato detto, le cosce che si toccano, i fianchi troppo larghi, il seno troppo piccolo, il brufolo sullo zigomo, i muscoli troppo in evidenza, i peli. Le parole sono in grado di ferirci più di qualsiasi arma, un insulto fa più rumore di uno sparo nella nostra testa.

E non parlo solo per le ragazze. Perché anche un ragazzo deve aderire ai giusti canoni. Non può permettersi di avere la pancia, deve essere muscoloso, deve avere gli addominali, i bicipiti sviluppati e le spalle larghe. Non può truccarsi, guai a chi si mette l’eye-liner e il rimmel, non può mettersi lo smalto, non può indossare la gonna. Infine, come una donna non può dire parolacce, l’uomo non può piangere, non può provare emozioni. Deve essere forte e muscoloso, se non vuole essere giudicato. Perché le parole hanno un peso, su tutti, indipendentemente dal sesso. Infine, vorrei citare le persone non binarie, che non si identificano in nessuno dei due generi. E che sono giudicat* e insultat*, in primo piano per ciò che sono, poi per ciò che fanno.

A tutte le persone che, a causa di tutto ciò, faticano a trovare un senso alla loro esistenza.

Una ragione, è quella di combattere questa mentalità sbagliata, un dovere è quello di amarsi. Perché siamo perfetti così.

Perciò, domattina guardati allo specchio, e cerca i tuoi pregi, soffermati sui complimenti, gli insulti chiudili in un cassetto e butta via la chiave. Guardati, ripetiti che sei bellissim*, soffermati sul tuo cuore, non sul tuo corpo. Amati, niente di più.

A tutti coloro che invece insultano, la vostra repressione, il vostro risentimento non troveranno cura con un urlo o una parola pesante, non passeranno riversandoli e facendo sentire come voi altre persone. Pensate due volte prima di parlare. o di scrivere, insultare non vi rende migliori, solo inumani.


Di Gaia Cattolico










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