La scuola per la pace
- Francesco Ginelli
- 9 ott
- Tempo di lettura: 3 min

Dalla prima elementare su su fino alla quinta superiore, ragazzi di tutte le età, tutti quanti a manifestare per un'idea piuttosto astratta e che, per quanto semplice, diversi leader mondiali sembrano non comprendere fino in fondo. Ieri mattina il corteo si è snodato dal parco delle Caselle, dietro la nostra scuola, fino a piazza della Vittoria. Quasi tutte le scuole della città hanno partecipato, per un totale di oltre duemilacinquecento ragazzi: un fiume di persone, una marea umana contenuta a fatica nella piazza di Lodi (che proprio piccola non è), tutto questo per chiedere, semplicemente, la pace. Smettere di bombardare, invadere, uccidere bambini, donne, persone. Non dovrebbe essere così difficile, basta mettere giù le armi.

Eppure i potenti del mondo non ne vogliono sapere. Accendiamo un qualsiasi telegiornale e li vediamo tutti intenti a fare tanti bei discorsi in cui dicono che non è mica colpa loro se lì ci sono terroristi, nazisti, infedeli, chi più ne ha più ne metta. E intanto, sotto le loro bombe, a morire non sono né terroristi, né nazisti, né infedeli, ma solo bambini e persone indifese. E allora noi ci indigniamo, ma a cosa serve indignarsi? Beh, quando duemilacinquecento persone indignate si riversano in piazza e si fanno sentire, allora l'indignazione inizia ad avere il suo peso. Va bene, mi direte, passando in piazza ieri mattina sarebbe stato impossibile ignorare la manifestazione. Ma forse che Netanyahu era lì in piazza? Forse che Putin stava ad ascoltare? E se anche fossero stati lì, ci avrebbero forse dato retta? O piuttosto avrebbero fatto spallucce, per poi voltarsi dall'altra parte e ordinare di continuare a bombardare? Certo, non è una singola manifestazione in una cittadina padana dove non succede mai niente a poter cambiare le cose. Ma proprio il fatto che una manifestazione così imponente si svolga in un posto dove normalmente nulla si muove, per giunta organizzata dalle scuole, disposte a sacrificare ore di lezione e ad affrontare la non irrisoria burocrazia richiesta tra adesioni, accompagnatori e quant'altro, indica quanto sia sentita questa causa. E ricordiamocelo, qui in Italia (e in Occidente in
generale) viviamo in democrazia, parola che significa "potere del popolo". E se il popolo dice "basta alla guerra", e il popolo ha il potere, qualcosa dovrà pur muoversi. Se continuiamo a fare rumore, prima o poi i nostri governanti non potranno più non ascoltarci, e allora cominceranno a fare pressione sui tanti - troppi - capi di stato guerrafondai, a chiedere delle trattative per il cessate il fuoco, a offrirsi come mediatori. Ed ecco che le armi cominceranno a tacere, che prima o poi, tra le macerie, sarà piantata una bandiera non dell’uno o dell’altro stato, ma una bandiera a strisce orizzontali, sette, una per ogni colore dell’arcobaleno, e al centro la scritta Pace.

Impossibile, dite? Vorrei dare la mia risposta, ma penso che John Lennon l’abbia detta meglio, in una canzone che è stata cantata alla manifestazione e che era rievocata da uno dei cartelloni portati in marcia: You may say I’m a dreamer, but I’m not the only one. I hope someday you'll join us, and the world will be as one. Per i meno anglofoni di voi, significa più o meno Potresti dire che sono un sognatore, ma non sono il solo. Spero che un giorno ti unirai a noi, e il mondo sarà come uno solo. Ecco, è proprio questo il senso della manifestazione: potrà anche essere solo un sogno, ma se lo sogniamo insieme allora possiamo renderlo realtà.
— foto di Giacomo Savarè —





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