top of page

Perfect Blue: perdersi nella propria immagine


Primo lungometraggio animato di Satoshi Kon, Perfect Blue rompe i canoni perseguiti fino a quel momento dall’industria dell’animazione nipponica e si afferma nel panorama internazionale come un thriller psicologico brutale, violento, dove realtà e finzione, così come presente e passato, vita pubblica e privata si sovrappongono.

La trama del film si sviluppa attorno alla figura di Mima, ex componente di un trio idol affiancata dal manager Todokoro e l’agente Rumi, che per ragioni legate al marketing abbandona il suo gruppo, Le Cham, e ottiene una piccola parte nella serie thriller “doppio legame”.

La ragazza si ritrova ben presto in difficoltà: da episodi di stalking e minacce di morte, Mima scopre dell’esistenza di una pagina internet chiamata “la stanza di Mima” che descrive sotto forma di diario ogni singolo aspetto della sua vita privata.

La situazione si complica ulteriormente quando accetta di recitare una scena di stupro e posare per un fotografo di nudi.

L’immagine che con fatica si era costruita come idol si sgretola e nella narrazione subentra una mima virtuale, alter ego della Mima attrice e personificazione della crisi identitaria che porterà in poco tempo la protagonista sull’orlo della pazzia.

Mentre la mima virtuale assume maggiore concretezza agli occhi di quella vera, coloro ritenuti responsabili del cambiamento della sua immagine finiscono brutalmente uccisi.

In Perfect blue “nessuna illusione si concretizza in realtà” o almeno così ripetono ossessivamente più personaggi.

La mente di Mima, condizionata dalle pressioni legate al suo personaggio, all’opinione dei fan, al pensiero di aver tradito il suo ideale, perde progressivamente la percezione della realtà oggettiva e la ragazza si ritrova a dover consultare “la stanza di Mima” per sapere cosa le è successo realmente e cosa invece è solo frutto delle sue angosce o fa parte del thriller (terribilmente simile alla piega che a preso la sua vita privata).

Kon utilizza il montaggio come espediente narrativo: sequenze che mostrano aspetti differenti della vita di Mima, dal lavoro alla vita privata e in seguito l’incubo e la veglia si alternano con continuità ponendo lo spettatore nella stessa condizione di confusione della protagonista, la quale inizia a credere di essere un falso, una copia: “forse è lei la mima più vera ,come se un'altra me stessa fosse rimasta qui dentro chiusa da qualche parte, e si fosse messa a muoversi da sola, per conto suo.”

La Mima virtuale non è solo l’incubo della vera Mima, è anche il modello che uno stalker fan della ragazza, Me Maniac, si prefissa di difendere.

L’illusione che inizialmente si manifesta attraverso monitor, vetri, specchi, superfici che dunque riflettono e sono un filtro tra la percezione che ognuno ha di sé e la realtà oggettiva, acquista corporeità in un finale carico di tensione che culmina con l’inseguimento tra le due mima.

Ciò che Kon è riuscito a creare è un film visionario, onirico, accompagnato da una colonna sonora che spazia dall’elettronica al j-pop, una pellicola che a distanza di più vent’anni dalla prima comparsa nei cinema rimane ferocemente attuale.

“si può sapere chi è lei?”


Bianca Moles

867 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page