Lodi, 14 ottobre 2019, alle ore 17:00, l’aula magna del liceo classico Verri si riempie di persone pronte ad accogliere nell’ambito del Festival della Fotografia Etica, alla sua decima edizione, la giornalista e fotografa Letizia Battaglia. E’ emozionante vederla entrare con la sua chioma rosa! Accolta dagli applausi, rompe subito il ghiaccio chiedendo di poter fumare, divieto che, a quanto pare, è sua abitudine infrangere.
La conferenza prende avvio con una premessa degli organizzatori del Festival, Aldo Mendichi e Alberto Prina. Descrivono Letizia come un gigante della fotografia, ma lei ribatte scherzosa: “Io non sono un gigante, semmai sono una gigantessa”, evidenziando, forse, il suo lato femminista, nel senso, come lo definisce lei, filosofico della parola. Afferma anche che se il mondo fosse governato da più donne, molti dei problemi attuali non ci sarebbero.
Quando Letizia inizia a parlare, tutto il pubblico rimane rapito dalla sua umanità e semplicità, qualità che sfrutta per relazionarsi con le persone. Infatti, lei stessa, prima di considerarsi una fotografa, si ritiene in primo luogo una persona che, con il suo lavoro lotta contro ciò che fotografa, con senso del dovere nel raccontare ciò che accade, onorando e portando rispetto sempre per il soggetto fotografato. Quello che si è presa Letizia è un impegno con la vita. La fotografa cita una frase del poeta statunitense Ezra Pound: “Strappa da te la vanità. Il mondo appartiene a tutti noi”.
I soggetti fotografati da Letizia ritraggono principalmente la realtà degli anni ‘70 in Sicilia, in particolare a Palermo: la guerra della mafia. Letizia è convinta che se due fotografi ritraggono lo stesso soggetto, le due foto saranno necessariamente diverse, perché sostiene che la foto è qualcosa di molto personale, che esprime una propria visione della scena e cambia da persona a persona.
La fotografa racconta alcune sue fotografie, le più significative, quelle che più rivelano segreti e che tra l’altro sono esposte nello spazio tematico “Italia”, a Palazzo Modignani nell’ambito del Festival.
Questa foto ritrae una mamma, alcolizzata e moglie di un marito feroce e violento. Vive a San Vito Lo Capo, in Sicilia e Letizia, a proposito, ci racconta che andò a fotografare la donna con il fotografo, nonché il suo compagno Franco Zecchin. Ne uscirono con due fotografie completamente diverse: quella di Franco risultò essere una foto più intelligente e meglio strutturata. Quella di Letizia, colse il lato più umano, ovvero la mamma in lacrime, con uno sguardo disperato, in cerca di aiuto, ma rassegnato alla situazione in cui si ritrova. Questo dimostra come una fotografia sia soggettiva dal punto di vista del fotografo.
La foto della bambina con il pallone, forse una delle più famose realizzate da Letizia, quella che ti si imprime nella memoria quando la vedi per la prima volta e ti chiedi “perchè questa foto è così potente?”. Una foto che lei definisce perfetta come composizione ed espressività dello sguardo, nonostante la bambina non si sia mai messa realmente in posa. Secondo Alberto Prina, questa bambina incarna la dolcezza di Letizia e allo stesso tempo il suo lato più ruvido, la sua scorza. Come dire: “Toglimi il pallone se sei capace… toglimi la sigaretta se sei capace”. Questo rimane di Letizia alla fine dell’incontro; e mentre la guardo autografare il suo libro, nei suoi sorrisi e nel suo sguardo, ritrovo la sua semplicità.