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I cavalieri di aristofane

Aggiornamento: 17 nov 2020

un’arguta satira della politica del suo tempo, e anche un po’del nostro: i Cavalieri, rappresentati alle Lenee del 424 a.C., con lo stile surreale ed esagerato delle commedie di Aristofane, toccano temi di grande attualità: la cattiva politica, la corruzione, le promesse elettorali e la demagogia sono trasportate allegoricamente in una dimensione domestica, nella casa del vecchio credulone Popolo (Demos in greco, nome comune in Atene), adulato e truffato dal servo Paflagone che ricalca nella realtà la figura del demagogo Cleone, influente politico di parte democratica.


Sfrontato e astuto, Paflagone è riuscito con smancerie e regali a guadagnarsi la fiducia di Popolo, con grande invidia dei vecchi servi Nicia e Demostene¹ che, stanchi delle continue vessazioni che devono ogni giorno subire, vogliono ad ogni costo scacciarlo. Come? Battendolo con le sue stesse armi. La politica ateniese dopo la morte di Pericle era appannaggio di demagoghi e capipopolo di bassa estrazione sociale: prima il mercante di stoppa Eucrate, poi il mercante di bestiame Lisicle, infine il mercante di pelli Cleone/Paflagone. “Da dove potrà spuntare fuori un altro mercante, uno solo?”. Per quel meccanismo comico per cui l’oggetto di un desiderio fortissimo e irrealizzabile si materializza dal nulla sulla scena, ecco comparire un mercante di salsicce.


Il Salsicciaio, che non viene chiamato per nome, accetta con qualche riserva ma, catapultato nell’agone politico, si trova subito a suo agio nel ribattere colpo su colpo all’avversario; infondo, come ricorda Demostene, gli basta continuare a fare quello che fa: “pasticcia e insacca gli affari pubblici addolcendo il popolo con parolette adulatrici”, con riferimento al suo mestiere.


SALSICCIAIO ma io non mi considero degno di avere tanto potere!

DEMOSTENE e perché mai non ti consideri degno? Parrebbe che avessi qualche merito sulla coscienza. Sei forse nato di famiglia per bene?

SALSICCIAIO neanche per idea, di famiglia miserabile

DEMOSTENE beato te! Per la politica questo è un grande vantaggio

SALSICCIAIO ma, amico mio, io non ho cultura: so solo leggere e scrivere, e anche male.

DEMOSTENE questo effettivamente ti danneggia, che sai leggere e scrivere, anche se male. Mettersi alla testa del popolo non è più cosa da uomo colto e per bene, ma da ignoranti e infami.


In quella che sembra una vera campagna elettorale per guadagnarsi la fiducia di Popolo, entrambi ricorrono ad ogni mezzo illecito, e nel delirio dello scontro i piani dell’allegoria e della realtà si sovrappongono con equivoci, doppi sensi ed esplicite contraddizioni; i serrati scambi di battute diventano il pretesto per una dura accusa alla politica della guerra e dei rapporti con gli alleati, alla corruzione e ai costumi della società cittadina, non ultima la passione tutta ateniese per i processi e i tribunali².


PAFLAGONE: Voglio scommettere la testa se c’è qualcuno che ha lottato più di me per il popolo e ti ama più di me.

SALSICCIAIO: Tu lo ami? Ma se da sette anni lo vedi abitare in queste tane, botti, torrette, e non hai compassione di lui, ma continui a tenerlo rinchiuso. Quando Archeptolemo ³ portava la pace, l’hai fatta svanire, e butti fuori dalla città a calci in culo le ambascerie che trattano la tregua.

PAFLAGONE: perché voglio che domini su tutta la Grecia. Basta che tenga duro, e un giorno farà il giudice in Arcadia con una paga di cinque oboli (…)

SALSICCIAIO: Tu non ti preoccupi affatto che lui governi l’Arcadia, ma di rubare e incassare bustarelle tu stesso dalle città (…). Se mai un giorno potrà tornare in campagna e vivere in pace, e riprendere coraggio mangiando grano tenero e incontrando di nuovo la sansa d’oliva, capirà di quali beni lo hai defraudato in cambio del salario, e ti assalterà rustico ed aspro, votando contro di te. Tu lo sai bene questo, e lo imbrogli con i tuoi sogni.

(v. 780-810)


Qui il cortocircuito tra allegoria e realtà esplode in tutte le sue contraddizioni, in alcuni degli scambi di battute più rappresentativi della commedia: l’abitare in “tane, botti, torrette” è un riferimento all’inurbamento forzato, causato dalla devastazione delle campagne durante la guerra, a cui segue un aspro commento alla politica della guerra a oltranza di cui era fautore lo stesso Cleone. Alle vuote ed esagerate promesse di Paflagone/Cleone, di far diventare Popolo “giudice in Arcadia”, (una promessa irrealizzabile dacché l’Arcadia è una regione del Peloponneso), che rispecchiano il parlare vuoto ed esagerato del demagogo, si contrappongono le soluzioni concrete del salsicciaio, che invoca la pace e rimpiange il tranquillo passato della vita di campagna. L’immagine bucolica e “alimentare”, tipicamente aristofanesca, stuzzica l’appetito di Popolo e dello spettatore. L’atteggiamento astratto e sofistico di Paflagone/Cleone è rimarcato anche oltre, quando addirittura promette a Popolo di ringiovanirlo (v.908).


Sarà ovviamente il Salsicciaio ad avere la meglio come era stato predetto dagli oracoli, ma la fine necessaria dell’azione comica (il compimento della vendetta e la punizione di Paflagone, ma anche l’arrivo di un demagogo peggiore) è troppo amara per coincidere con la conclusione della commedia, o almeno di quel suo filone “educativo”. La vera fine è il riscatto di Popolo, che ritrova avvedutezza e senno. Un riscatto che è un ritorno al passato, all’antico splendore della città e ai buoni costumi degli antenati⁴.

SALSICCIAIO: ho cotto Popolo, trasformandolo da brutto in bello.

CORO: Meravigliosa idea, ma adesso dove sta?

SALSICCIAIO: Nell’Atene antica, coronata di viole.

CORO: Possiamo vederlo? Come è abbigliato? Come è diventato?

SALSICCIAIO: Come era quando pranzava con Aristide e Milziade, Lo vedrete subito: si sente il rumore dei Propilei che si aprono. Acclamate l’apparizione dell’Atene antica, meravigliosa e cantata negli inni, dove abita l’illustre Popolo. (v. 1321-1329)


NOTE:

¹ Nicia, influente politico ateniese di parte aristocratica, autore della pace che porta il suo nome. Demostene, generale ateniese, concluse con successo la spedizione militare a Pilo nella battaglia di Sfacteria, con Cleone che era stato inviato in suo aiuto. Cfr. Tucidide, Guerra del Peloponneso, Libro IV

² Tema, la passione degli ateniesi per i tribunali, topico di tutta la produzione aristofanesca

³ Aristocratico, figlio dell’architetto Ippodamo di Mileto e fautore della pace, fu uno dei capi dei Quattrocento nel 411, in seguito condannato per tradimento e giustiziato.

⁴ Popolo si presenta nel costume antico, con la spilla a forma di cicala nei capelli, ornamento tradizionale degli aristocratici e segno della nobiltà ritrovata.

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