Pianificare ogni mossa nella mente, calcolare ogni possibilità provando a trarre vantaggi dalla situazione. La vittoria si avvicina nella propria psiche, autoconvinta di aver prodotto un ragionamento privo di debolezze: si muove una torre avversaria, insinuandosi lungo un corridoio di piccolezze; è un matto, il re è inchiodato dai suoi stessi pezzi e non ha via di fuga, la protezione eccessiva realizzata per nascondersi lo ha ucciso.
E’ forse quello che vive Beth Harmon, dopo aver perso la madre a soli 8 anni e cresciuta in un orfanotrofio femminile cattolico, distinguendosi sin da subito per un intelletto fuori dal comune.
La fortunata mini-serie realizzata da Scott Frank, sbarcata il 23 ottobre di quest’anno su Netflix, inizia a svilupparsi proprio con l'arrivo di Beth (Anya Taylor-Joy) all’orfanotrofio, dove in breve tempo stringerà una forte amicizia con Jolene (Moses Ingram), una ragazza di qualche anno più grande che grazie alla sua personalità eccentrica e travolgente sarà per lei un importante punto di riferimento.
E’ in questi anni, segnati dalla rigidità del luogo e dalla dipendenza di pillole tranquillanti, che Beth porterà avanti per tutta la vita, che la futura campionessa avrà un incontro che la cambierà per sempre: grazie al custode conoscerà la sua compagna fidata, il suo codice da interpretare giorno dopo giorno, comprendendo la vita mossa dopo mossa, errore dopo errore, la scacchiera.
Col passare del tempo Beth cresce e il mondo muta attorno a lei, che spesso in mezzo alle ragazze della sua età si sente fuori luogo o addirittura persa, nonostante l’affetto tanto cercato ricevuto dalla madre adottiva.
La lacuna di amore, e in fin dei conti il motivo che porta la scacchista a spingersi sempre oltre, sconfiggendo avversario dopo avversario, non si rimarginerà mai totalmente, fino a che Beth, ormai divenuta una giovane donna, sprofonderà totalmente all’interno delle sue sofferenze, sviluppando una grave dipendenza di alcool.
Durante il crollo giocano un ruolo fondamentale i suoi amici - tra cui ricordiamo il campione locale Benny Watts (Thomas Brodie-Sangster), Townes (Jacob Fortune-Lloyd) e Harry Beltik (Harry Melling) - conosciuti attraverso il mondo scacchistico, che ancora una volta dimostra di viaggiare di pari passo con la sua esistenza, insinuandosi in lei e portandola a lottare per vincere, in quanto bisognosa di dare voce a ciò che con le parole non riesce a esprimere.
Un inno all’esaltazione delle proprie emozioni, spesso rese esplicite attraverso scene commoventi in cui la sensibilità e la conseguente bellezza del personaggio vengono messe a nudo.
Geniale da un punto di vista tecnico, in quanto ogni partita, studiata minuziosamente e con cura, è stata realizzata in collaborazione con importanti scacchisti, tra cui impossibile non citare il Grande Maestro Garry Kasparov, campione mondiale per 15 anni (1985 -2000).
Netflix ha potuto offrirci un capolavoro, che oltre a confermare la passione di tanti di noi per tutto ciò che si cela dietro 64 caselle, racconta la storia d’amore tra una ragazza e il limite della mente.
“Let’s play”
Margherita Dassisti e Nicola Nespoli
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