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Danse ègoïste

“Predi la mia mano e balla con me” disse guardandola negli occhi supplichevole, esigente, quasi disperato. Lei per schernirlo si allontanò dal giovane per dirigersi verso un altro, che stava appostato lì vicino, ed iniziò a danzare con lo sconosciuto e a dare falsi sorrisi; poi si sentì sommergere dal calore delle braccia di un altro, questa volta più familiare. Alzò lo sguardo per vederlo sorridere arrogante e sbruffone, contento di stringerla a sé per quel valzer. Lei desiderava staccarsi da quella presa prepotente, ma al tempo stesso si sentiva confortata dalla sua presenza: vedendola ebbra d’amore, lui fece scendere la sua mano fino alla vita della ragazza, stringendola di più al suo torace. Lui sussurrò parole che lei non comprese, mentre l’accompagnava in quel ballo egoista, sfiorandole di tanto in tanto l’orecchio con le labbra, plagiando la sua mente con sogni melensi e biascicando parole di redenzione- che mai e poi mai esisterà per loro- eliminando l’estraneità che la donna aveva imposto fra i loro animi e corpi. La fanciulla appoggiò la testa sul petto dell’altro, versando di nascosto una lacrima che le bruciò il viso come una goccia di limone. Continuarono a ballare, noncuranti degli altri attorno, che, pur compiendo gli stessi passi, sembravano così alieni ai movimenti dei giovani. L’infantile esibizionismo, il narcisismo e l’orgoglio dei due si stava lievemente dissipando nel nulla, mentre, da una parte, gli altri scagliavano anatemi contro i fanciulli che, dall’altra, erano soggiogati da quell’ addizione di follia. Balenò un lampo nel cielo, tuonando forte ed interrompendo per qualche istante la magica quiete; lui mugugnò e con trepida audacia riprese la sua dama. Lei volle rompere quel patto segreto fra loro, ma era troppo clemente- se lo ripeteva spesso- per osare un simile affronto e si lasciò guidare dal suo cavaliere per il resto della serata.

Ma alla fine della festa, si separarono e rieccoli e compatirsi l’un l’altra, a proclamare, senza far vibrare le corde vocali, la condivisa sofferenza d’amore, andando via dalla sala piena di dipinti ed affreschi variopinti, con lampadari brillanti e lussuosi, vini spumeggianti e baci rubati. Ormai, di quella sera, rimaneva solo un tenue ricordo di amara nostalgia e fraterno conforto, e le labbra di lei bramavano ardentemente un altro poco di quelle calde di lui. L’uomo, intanto, si gettò in quell’abisso demoniaco di passione feroce e mortale e, da una parte, sapeva che l’avrebbe pagata a caro prezzo, ma dall’altra non voleva abbandonare quei teneri sogni di giusta lussuria, amorevoli carezze e sguardi che nessuno mai avrebbe capito.


Di Isabella Mayuri


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